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Come altri, anche io, tutte le volte che mi è capitato di affrontare una crisi significativa nella vita, privata o professionale, ho potuto sperimentare quanto sia potente sentire di avere uno scopo, quello che gli anglosassoni chiamano ‘purpose’ per accedere a una riserva ulteriore e insperata di energia, determinazione e coraggio che, nella maggior parte dei casi non sapevo di avere. Di nuovo, improvvisamente, la mia missione mi era chiara. Quello che sentivo essere lo scopo principale delle mie azioni - la loro motivazione profonda, il loro perché - tornava ad affascinarmi.

Rimettere a fuoco il nostro ‘perché’ agisce come attrattore, come catalizzatore delle nostre energie.
In chimica un catalizzatore è «una sostanza che, presente pur in minima quantità, esercita, sulla velocità di una reazione, un’azione accelerante prendendo parte agli stadî più importanti della reazione stessa, e poi rigenerandosi, per ritrovarsi così inalterata alla fine del processo». Allo stesso modo, avere chiara la nostra motivazione profonda, la sua origine, ci consente di concentrare gli sforzi su ciò che conta di più, costringendoci a correre dei rischi e ad andare avanti indipendentemente dalle probabilità di successo o dagli ostacoli.
Infatti, a differenza degli animali, che sono semplicemente guidati a sopravvivere, noi umani desideriamo di più dalla vita che la mera sopravvivenza.

Il filosofo tedesco Frederick Nietzsche ha scritto: «Se si possiede il nostro perché della vita, si va d'accordo quasi con ogni domanda sul come» (F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, Adelphi, 1994).
Conoscere il nostro ‘perché’ è il primo passo importante per capire come raggiungere gli obiettivi che ci entusiasmano e creare la vita che ci piace vivere. Infatti, solo quando conosciamo e ci connettiamo alla nostra motivazione profonda troviamo il coraggio di assumerci i rischi necessari per andare avanti, rimanere motivati durante il cammino e spostare la nostra vita su una traiettoria completamente nuova, più impegnativa e più gratificante.

Anche se non esiste un percorso univoco per scoprire lo scopo della nostra vita, ci sono molti modi in cui possiamo ottenere una visione più profonda di noi stessi e una prospettiva più ampia su ciò che vogliamo (che ci sentiamo chiamati?) a offrire al mondo. Per aiutarci nel nostro cammino di scoperta può essere utile adottare il modello proposta da Margie Warrell nel suo libro Stop Playing Safe (Wiley) and Find Your Courage. In tale modello, il nostro ‘perché’ si trova nell'intersezione tra i nostri talenti, le nostre abilità/competenze, le passioni che ci animano e i valori più profondi nei quali crediamo.

motivazione profondaAlcune domande ci possono aiutare a trovare questo punto centrale e ‘cruciale’ per attingere a tutte le nostre energie ed essere efficaci in maniera autentica.

1. «Cosa mi fa sentire vivo

Il termine ispirare deriva dal latino in-spirare, letteralmente ‘soffiare dentro’. Cosa? L’aria, l’ossigeno, ciò che ci consente di essere vivi. E non accade similmente che quando lavoriamo per realizzare qualcosa che ci ispira, questo ci sentire ‘più vivi’?. Ciò che ci ri-vitalizza non ha a che fare con il godere di una vacanza da sogno e nemmeno con guardare la propria squadra di calcio preferita giocare. È qualcosa di più grande. Si tratta di connettersi con ciò che ci appassiona fare - che ci tiene lì a lavorare fino a tardi dimenticandoci di mangiare e di dormire -, consapevoli che, quando focalizziamo la nostra attenzione su attività che ci ‘mettono un fuoco nella pancia’, aumentiamo il nostro impatto e la nostra influenza in modi in cui nient'altro riesce.
Tranquilli, non vi sto chiedendo di pensare a inventare una nuova tecnologia rivoluzionaria o a risolvere i problemi energetici del mondo o a vincere il cancro (anche se qualcuno di noi certamente potrebbe farlo!). Si tratta solo di noi – come, semplicemente, siamo - che ci connettiamo a una causa che è più grande di noi, ma che è anche congruente con chi siamo e con ciò che ci interessa.

2. «Quali sono i miei punti di forza ‘innati’, le mie qualità autentiche

In The Element, Sir Ken Robinson afferma che esiste un luogo in cui le cose che amiamo e quelle che siamo bravi a fare si ritrovano insieme. Questo luogo dell'anima è ‘l'Elemento’. Il nostro elemento è il punto in cui i talenti e le abilità ‘naturali’ incontrano la passione personale. Quando le persone sono nel loro elemento, non sono solo più produttive, ma aggiungono più valore e provano una maggiore soddisfazione personale e professionale. E di conseguenza, spesso, guadagnano anche di più.

Quali sono le cose in cui siamo sempre stati bravi (a volte ci chiediamo anche come mai gli altri le trovino così difficili)? Sono in grado di vedere schemi e opportunità in mezzo alla complessità? Sono creativa e  naturalmente capace di proporre soluzioni ‘out of the box’? Sono una ribelle nata e ho una capacità innata di comprendere dove lo status quo ha bisogno di un rinnovamento? Sono formidabile nella cura nei dettagli, naturalmente brava nel realizzare attività e progetti con una precisione che altri trovano noiosa? O sono una grande comunicatrice?, O una networker, una leader, una risolutrice di problemi o un agente di cambiamento? Ho una naturale abilità manuale, una predisposizione allo studio, un’attitudine sportiva?

Certo, possiamo anche essere appassionati di qualcosa per la quale non abbiamo un talento naturale, oppure talento per cose per le quali abbiamo poca passione. Tuttavia, la mia lunga esperienza di lavoro con le persone, mi ha dimostrato che raramente abbiamo ambizioni per le quali non abbiamo un qualche talento naturale. Come ha scritto una volta il leader del movimento per i diritti civili Howard Thurmon, «Non chiederti di cosa ha bisogno il mondo; chiediti cosa ti fa sentire vivo e vai a farlo. Perché ciò di cui il mondo ha bisogno è di persone che si sono ‘svegliate’ alla vita». E che l’hanno fatto davvero.

3. «Dove porto il maggior valore aggiunto»?

Fare lavori in cui siamo bravi, ma che detestiamo, non è un percorso verso la nostra realizzazione. Detto questo, conoscendo sia i nostri punti di forza sia dove possiamo portare il maggior valore - attraverso la nostra istruzione, le abilità, le conoscenze e l’esperienza - , può aiutarci a concentrarci su opportunità, ruoli, attività o percorsi di carriera nei quali abbiamo maggiori probabilità di successo e nei quali, quindi, possiamo trovare il massimo senso di realizzazione e dare il maggiore e migliore contributo.

Troppo spesso sottovalutiamo i nostri punti di forza, le attitudini e le competenze che acquisiamo naturalmente nel tempo. Se invece, per risolvere i problemi, partiamo dal concetto di ‘generazione di valore’, diventa possibile chiedersi in cosa siamo ‘ben messi’ e attrezzati per accedere proprio a quelle risorse e farsi aiutare da loro nel trovare le soluzioni. Possiamo anche chiederci quali problemi ci piace davvero risolvere, quali questioni ci appassionano. In questo modo sarà più facile concentrarci sui nostri punti di forza naturali e puntare a rafforzare quelle cose in cui siamo ‘innatamente’ bravi per far leva su queste per migliorare o ridurre l’impatto dei nostri punti di debolezza.

4. «Come misurerò la mia vita»?

Le persone che non lottano per qualcosa, possono facilmente cadere per qualsiasi cosa. Decidere in che modo misurare la nostra vita significa decidere autenticamente che persona vogliamo essere, che cosa è veramente importante per noi e poi vivere la nostra vita in maniera coerente.
In definitiva, vivere con uno scopo significa concentrarsi sulle cose che contano di più. E spesso le cose che contano di più, raramente sono ‘cose’.

Preso atto di questo, mentre alcune persone sono in grado di rinunciare alla sicurezza di uno stipendio regolare per perseguire una passione, molte, semplicemente, non possono - almeno non nel breve termine o senza violare i loro valori fondamentali (come, ad esempio, non avere debiti o provvedere con abbondanza alla propria famiglia). Ma seguire il denaro e seguire il nostro cuore non si escludono necessariamente l’un l’altro.

Cambiando la ‘lente’ attraverso la quale visualizziamo ciò che stiamo facendo ora, possiamo cambiare profondamente la nostra esperienza. Non importa quale sia il nostro lavoro, possiamo trarne un significato e trovare uno scopo più grande nel modo in cui facciamo ciò che facciamo. Se pensiamo di non essere il tipo di persona con cui vorremmo lavorare, consideriamo che questo potrebbe non essere dovuto al lavoro che facciamo ogni giorno, ma al nostro atteggiamento nei suoi confronti.

Conoscere il nostro scopo potrebbe costringerci ad affrontare sfide che ci stresseranno tanto quanto ci ispirano. Proprio come una barca in moto può affrontare un'onda di qualsiasi dimensione se, perpendicolare ad essa, fa un piccolo angolo tra l'onda e la sua prua, così, quando siamo alimentati da uno scopo chiaro e lo 'prendiamo a verso' (lo perseguiamo nel modo giusto), c’è poco che davvero non possiamo fare.

Per approfondire: Margie Warrell, Stop Playing Safe (Wiley) and Find Your Courage, McGraw-Hill

L'immagine nell'articolo è 867-97 (Vulcano) di Rupprecht Geiger